MARGOTTA, LA MARGHERITA BLU

Maria Petitti

“RACCOLTA DI RACCONTI

dell'associazione La stanza Blu"

STORIE INEDITE DI ANIMALI, NATURA, RELAZIONI

 

Maria Petitti

con illustrazioni di Anna Polga

Copertina di Aurelia Zambonin

Editing a cura di Patrizia Casagrande

 

MARGOTTA, LA MARGHERITA BLU

C’era una volta, tanto tempo fa, un bambino di nome Eduin che viveva su un’isola lontana in mezzo ad un mare di mille colori.Il luogo dove abitava era un po' strano: i prati erano di un bel giallo dorato, gli alberi rosso fuoco e i fiumi, verdi smeraldo, brillavano come tante pietre preziose.

Il nostro amico si cibava dei frutti deliziosi che crescevano vicino alla grotta che usava come casetta. Era un po' cicciottello perché poteva arrampicarsi sull’albero con i frutti che sapevano di pizza, su quello da cui pendevano le patatine, oppure le caramelle…Insomma, si faceva delle grandissime scorpacciate! Era contento di abitare lì, ma si sentiva un po' solo perché non aveva nessuno con cui parlare e soprattutto a cui voler bene.

Un giorno, fuori dalla sua grotta, trovò una bella margherita blu che il vento, dopo averla strappata chissà dove, aveva depositato lì, forse per farla curare da lui.

 

 

In effetti stava molto male e probabilmente di lì a poco sarebbe morta se Eduin non l’avesse subito raccolta. Fece un bel buco profondo nella terra morbida vicino alla sua grotta, piantò la margherita, la bagnò con l’acqua verde e fresca del fiume, la riscaldò con le foglie rosse e la illuminò coi raggi splendenti delle stelle. La margherita sembrava sorridere riconoscente per tutte quelle attenzioni.

Passarono i giorni e la nuova amica di Eduin stava meglio ma, nonostante gli sforzi del bambino, non riusciva a sollevare la testa. Eduin perciò si convinse a partire per cercare nel grande universo qualcosa che aiutasse la margherita, che aveva deciso di chiamare Margotta.

Costruì un aquilone, salì in cima alla montagna più alta della sua isola e si lasciò prendere dal vento, che lo trasportò verso una stella azzurra. Atterrò in un immenso campo di margherite che avevano la testa bella diritta rivolta verso il cielo.

 

 

 

 “Come fate a non chinare la testa?” chiese subito Eduin.

“Come facciamo? Ma è così facile! Il nostro mago ci cura benissimo e a noi viene naturale” risposero in coro i fiori.

“Vi cura un mago? E come fa?” domandò allora il bambino.

“Non lo sappiamo, chiedi a lui” dissero ancora le margherite.

“Ma dov’è?”

“Chissà, potrebbe essere ovunque”

“Non ho voglia di cercarlo, sono stanco per il viaggio che ho già fatto fin qui. D’altra parte, è inutile, il segreto sarà senz’altro nella terra su cui crescete. Ne prenderò un bel sacco e risolverò il mio problema”, concluse Eduin.

Mentre scavava, sbucò fuori improvvisamente un piccolo esserino verde, viscido come una lumaca e ricoperto di squame come una lucertola. Con la sua voce roca e petulante disse: “Sì, sì, fai da solo. Si vede subito che sembri un bambino intelligente! Mai perdere tempo a farsi aiutare quando si hanno delle qualità.”

Eduin, pieno d’orgoglio, non si accorse nemmeno che chi gli parlava era un essere davvero schifoso, a cui solo i pazzi avrebbero dato fiducia! Perciò, sicuro di sé, tornò sulla sua isola. Subito sparse la terra intorno alla sua margherita e poi, soddisfatto, andò a letto.

 

 

Ma il giorno dopo Margotta non era certo migliorata, anzi… il capino, che ormai toccava quasi terra, sembrava schiacciato da una forza sconosciuta. Eduin allora si disperò e cominciò a picchiarsi i pugni sulla testa singhiozzando: “Sono stato proprio uno stupido a credere di riuscire a guarire la mia margherita da solo, senza andare dal grande mago. Così ho combinato un bel pasticcio! Chissà se ora farò ancora in tempo a salvarla!”.

Diede un bel bacino delicato alla sua Margotta per non farle male e di nuovo partì con il suo aquilone. Atterrò nello stesso campo di margherite e raccontò loro l’accaduto. Si levarono cento e cento: “Oh! Poverina! Che disgrazia” e poi tutto tacque. Dopo qualche minuto una margheritona disse: “Perché non vai dal grande mago a chiedere aiuto? Sono certa che lui ti ascolterà.”

Eduin questa volta non se lo fece ripetere, ma chiese subito: “Come faccio ad arrivare fino a lui?”

La margheritona rispose: “Devi attraversare tutto il campo senza calpestare neanche un fiore e poi stai attento ai segni che ti indicheranno la strada”. “Ma se mi perderò?” chiese pieno di ansia il bambino.

“Non ti preoccupare” rispose lei “più forte sarà il desiderio di incontrare il mago, più chiari saranno i segni”.

Eduin allora si incamminò, attento a non calpestare nemmeno un germoglio. Arrivato in fondo al campo, si trovò davanti due sentirei, uno che andava in salita e l’altro in discesa. Si fermò perplesso, poi pensò: “Le persone in gamba guardano sempre verso il cielo. Il mago sarà senz’altro in alto”. Così si incamminò in salita, un passo dopo l’altro, cercando di non pensare troppo alla fatica che faceva. Dopo quella che gli parve un’eternità arrivò tutto sudato e senza fiato in cima ad un monte. Si stese per terra sfinito e si riposò. Poi si mise a cercare con attenzione un segno che gli indicasse la strada da seguire.

Dopo qualche tempo arrivarono tranquille e silenziose due caprette, una bianca e una nera. L’una si incamminò verso destra e l’altra verso sinistra. Eduin ci pensò qualche istante poi decise: “Seguirò la bianca, che è il colore della luce, mentre il nero è il colore del buio che mi fa paura”. E così, fiducioso, seguì la prima capretta. Cammina, cammina, arrivò in uno spiazzo d’erba tenera; la capretta si fermò e si mise a brucare, facendogli capire che il suo compito di guida era finito.

Eduin si guardò intorno attento: vide una collina illuminata da un bel sole caldo e una ricoperta di freddo ghiaccio. Subito il bambino decise: “Andrò al caldo, come caldo è il mio cuore per il desiderio di trovare il mago”. Quando finalmente arrivò in cima, si trovò davanti un’enorme e ripidissima parete di roccia. Lì si fermò perché non poteva proseguire da nessuna parte. Si sedette ad aspettare e gli venne il dubbio di aver sbagliato ad interpretare qualche segno.

Quando già aveva deciso di tornare indietro, vide una figura che scendeva come un camoscio da quella roccia scoscesa. Come facesse nessuno lo sa e neanche Eduin riuscì a capirlo, ma in un baleno il nostro amico si trovò davanti proprio il mago! Era grande, potente, maestoso.

Sorridendo si rivolse ad Eduin: “Ciao, ti aspettavo, ma sapevo che da solo non avresti mai potuto raggiungermi. Cosa vuoi?”.

“Voglio sapere come far rialzare la testa alla mia margherita. Mi puoi aiutare?”

“Vieni e vedi come faccio io” e il bambino si fermò con lui tutto il giorno.

Quando il sole era tramontato da un pezzo, prese l’aquilone e tornò nella sua isola. Si mise subito a curare Margotta che oramai era stesa quasi del tutto a terra. Rifece i gesti che aveva sempre fatto: la bagnò con l’acqua verde del ruscello, sistemò la terra intorno…, ma qualcosa era cambiato. Il mago gli aveva insegnato a volerle bene. Infatti, poco dopo, Margotta cominciò a sollevarsi un po’, vincendo l’incredibile debolezza che l’aveva pervasa.

Il giorno dopo, quando Eduin si svegliò, sgranò gli occhi per lo stupore: il suo bel prato giallo era pieno zeppo di margherite. Mille e mille Margotte lo guardavano con aria interrogativa: le avrebbe sapute curare? La sua amica intanto aveva girato la testa verso di loro e la muoveva avanti e indietro, forse per salutarle.

Eduin fu preso dal panico, si inginocchiò vicino alla sua amica e le chiese: “Margotta, ieri ti ho curata bene? Dimmi cosa devo fare con tutte queste tue sorelle!”.

La margherita alzò un po’ il capino e il bambino pensò che le indicasse il cielo. Così salì di nuovo sull’aquilone e si diresse verso la stella azzurra. Atterrò proprio mentre il mago stava curando il campo sterminato di margherite. Quando vide il bambino sorrise perché sapeva già come mai era lì. Gli si avvicinò e chiese con voce divertita: “Ciao ragazzo, come mai sei ancora qui? La tua Margotta sta forse ancora male?”,

Eduin subito rispose: “Nella mia isola sono arrivate tantissime margherite, non so proprio come mai. E se combino qualche pasticcio?” Il mago, ridendo sotto ai baffi, disse: Llo so, lo so che sono arrivate tante margherite: te le ho mandate io!” “Tu?!! Ma perché?” mormorò Eduin. “Perché avevano bisogno di qualcuno che gli volesse bene e tu sei quello che ci vuole!” “Io? Ma se mi sono già dimenticato tutto!”

“Non ti preoccupare” rispose il mago “ti manderò qualcuno, un amico, che ti aiuterà a ricordare tutto quello che hai imparato da me. Vai, io ti sarò vicino”

Eduin tornò nella sua isola e si sedette tra le margherite. Dopo poco, contro il cielo, si stagliò una macchia scura, che diventava più grande, sempre più grande… era un falco reale che planò nell’aria limpida e si appoggiò sulla spalla del bambino. Bisbigliò qualcosa al suo orecchio, chissà cosa, nessuno tranne il bambino poté sentire. Incominciando da Margotta, sempre la preferita, Eduin si occupò delle margherite, curandole ad una ad una.

Da quel giorno, l’isola di Eduin fu chiamata Marghemondo, perché si ricoprì di mille e mille margherite che si potevano vedere con i loro capi alzati verso il cielo anche da molto lontano; più alta e più dritta di tutte, la bella Margotta sorrideva felice.

E ancora adesso Eduin e il suo falco inseparabile sono i giardinieri più famosi del mondo.

 

 

“Voglio sapere come far rialzare la testa

alla mia margherita. Mi puoi aiutare?”

 

 

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